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TANAKA Kiyoko (TANAKA Kiyoko)
Sesso Donna  Età nell'anno del bombardamento 14 
Data di registrazione 2013.10.6  Età nell'anno della registrazione 82 
Luogo in cui ci si trovava il giorno del bombardamento Hiroshima(Distanza dall'ipocentro:4.7km) 
Hall site Memoriale nazionale della pace di Hiroshima per le vittime della bomba atomica 
Doppiaggio/ Sottotitoli Sottotitoli 
Kiyoko Tanaka (82 anni) Aveva 14 anni nel momento in cui fu sganciata la bomba Si trovava a Kusatsu (odierno quartiere di Kusatsuhonmachi, prefettura di Hiroshima) a 4,7 kilometri dall’ipocentro dell’esplosione. Insieme a una sua amica, tra le lacrime scapparono verso la periferia della città. Al punto di raccolta dove cercavano le proprie famiglie, nel loro sconcerto e orrore scoprirono che in ogni stanza erano raggruppate montagne di corpi senza vita. I corpi ustionati e in preda al dolore chiedevano acqua disperatamente, ma le ragazze non avevano niente da poter dar loro. Ancora oggi il rimpianto più grande della signora Tanaka è quello di non aver potuto offrire loro dell’acqua. Per Kiyoko Tanaka, l’acqua è il bene più prezioso. È la fonte della vita.

【La scatola di bentō regalata dalla mamma】
Mio padre non c'era. Era partito per la guerra. Non so quanti anni prima se ne andò di casa, io ero troppo piccola per ricordare. Insieme a mia mamma e mio fratello minore vivevamo in una piccola e modesta casa in affitto. La prima volta che mia madre mi comprò una scatola di latta per portare il pranzo ero così felice, non lo dimenticherò mai. La mia scuola era piuttosto lontana e non potevo tornare a casa a mangiare, perciò la mamma mi comprò la scatola di bentō per portarmi dietro il pranzo.

All’interno della scatola non c'erano certo ghiottonerie… Si trattava più che altro di tanto frumento mescolato con il riso bianco, umeboshi (prugna in salamoia), verdure in salamoia e qualcosa di bollito; solo in rare occasioni un po’ di mentaiko (uova di merluzzo marinate), che la mamma riuscì a comprare chissà dove. Se c’era qualcuno che non aveva il bentō, ci sedevamo insieme per terra, spezzavamo le bacchette e dividevamo il pranzo. Tornavamo in classe quando tutti avevano finito di mangiare. C’era sempre qualche persona così. non tutte certo, ma nella mia classe c'erano circa 5 coppie di amici che facevano così.

Avevamo sempre fame. Quando dicevo di avere fame la mamma subito mi rimproverava, dicendo di pensare ai soldati. Devi sopportare, devi avere pazienza e sopportare, qualsiasi cosa dicessimo sentivamo questa risposta: “Finché non avremmo vinto la guerra, non ti devi lamentare!” Se avessi desiderato o voluto qualcosa nessuno me lo avrebbe comprato, nel modo più assoluto. Quella scatola di bentō… era l’unica cosa che mia madre mi comprò, tra ciò che desideravo.È la cosa più importante e preziosa della mia vita. La mamma mi diceva: “Via, adesso è tutta rovinata e vecchia, buttala!”; ma io non potevo buttarla, non ci sarei mai riuscita…

【06 agosto 1945】
Quella mattina un amico di mio fratello di nome Sakanoue, che andava sempre insieme con lui a scuola, arrivò da noi. “È arrivato Sakanoue!” dissi, e mio fratello insieme alla mamma uscirono fuori. “Oggi mi fa male la pancia perciò resto a casa” gli disse. Mi separai da Sakanoue e andai da una mia amica, Kikue Sagawa, per andare insieme a scuola.  Camminammo fino a Koimachi e prendemmo il tram in direzione Miyajimaguchi. All’epoca, le ragazze non potevano andare a scuola indossando vestiti bianchi. Per questo esistevano dei negozi che tingevano le divise con il colori kaki dell’Esercito Imperiale Giapponese. Kikue mi chiese di accompagnarla a prendere la sua divisa dalla tintoria, che era di strada per andare a scuola. Anche se non volevo, alla fine mi decisi ad andare con lei.

Quando una luce accecante diruppe nell’area di Kusatsu, sembrò che il sole fosse stato colpito da un proiettile di un fucile e che fosse esploso. “E' terribile! Kikue, scappiamo!”, dissi. Tutte le persone che si erano raggomitolate su se stesse per proteggersi si rialzarono e cominciarono a correre. Non ricordo bene il vento, né il rumore. Quando rivolsi lo sguardo verso il cielo, non so quanto tempo dopo, vidi un immenso cerchio completamente nero. E poi di nuovo, non so da quale direzione, un cerchio bianco. E poi altri cerchi uno dopo l'altro, non so per quanti secondi. Mentre guardavo, il cielo diventò abbagliante. Mi spaventai così tanto da voler scappare ma non sapevo dove andare. Non capivo dove fossi finita. Tutti quanti non capivano.

Kikue mi disse di tornare a Hiroshima. Ma io le risposi: “Anche se ci torniamo, non ci sarà rimasto neanche un posto dove dormire”. "Le abitazioni nell’area di Kusatsu erano completamente distrutte, perciò anche le case della zona di Kan’on di sicuro avranno fatto la stessa fine."“Oggi potrò salvare almeno te, perciò vieni con me!” le dissi. Kikue non voleva.  Pensai che se avessimo seguito le rotaie del tram saremmo potute andare da una mia zia a Miyajima. Era l’unica cosa che sapevo. Perciò cominciai a seguire le rotaie del tram, correndo per le stradine strette. Piangevamo a dirotto, tutte le bambine piangevano. “Aiutateci, aiutateci, vi prego aiutateci!” scappavamo gridando.

【Incontro con una vittima alla stazione di Hatsukaichi】
La stazione di Hatsukaichi era deserta, nonostante tutti stessero scappando Era perché tutti erano già scappati, pensai. Appena uscite dalla stazione, vedemmo un uomo. I suoi occhi, le sue mani, in ogni parte del corpo sembrava che non avesse più forma, la carne era tutta appiccicata. Non ricordo come, ma avevo con me una polpetta di riso bianco, quasi per caso.  “Vorrebbe mangiarla?” gli chiesi, ponendo la polpetta di riso nella sua mano. “Acqua, acqua per favore. La polpetta di riso non la voglio…” Questo perché la polpetta non avrebbe potuto nemmeno entrargli in bocca, non l’avrebbe potuta mangiare. Non si capiva dove fosse, la sua bocca.

Il suo intero corpo era gonfio; anche gli occhi non riuscivano a restare aperti tale era il gonfiore. Il suo viso, fino al naso, era completamente fuso insieme, la sua bocca non riusciva ad aprirsi.  Le cinque dita di entrambe le sue mani erano diventate una cosa sola. I suoi vestiti erano a brandelli. Come aveva potuto restare seduto… pensai dopo. Anche il solo fatto di sedersi avrebbe richiesto una tale energia che sarebbe crollato su se stesso, pensai. Per questo motivo, lasciai lì il mio onigiri. Decidemmo di andare al punto di raccolta di Jigozen mura. Piangevamo e correvamo. “Papà! Mamma!” gridavamo.

【Il salvataggio della mamma da parte del fratellino】
Subito dopo l’esplosione della bomba, mio fratello si ritrovò sul tetto. Mio fratello dormiva insieme alla mamma nello stesso futon, che era circondato da una zanzariera. "In un attimo, si ritrovò scaraventato sulle tegole del tetto. “La mamma dev'essere qui, è strano” pensò e spostò le tegole. Così facendo si accorse della mamma, il suo petto era schiacciato da un grande architrave della casa. Riusciva a vedere solo il suo viso. All’improvviso, dall’entrata della casa divamparono le fiamme che salivano sempre più in direzione della mamma. Devo aiutare la mamma! Devo andare a tirare su l’acqua e gettargliela sopra! Allora in ogni casa c’era un serbatoio d’acqua per spegnere gli incendi. Mio fratello corse al serbatoio con un secchio e cominciò a tirare su l’acqua.

Il mio fratellino era al primo anno delle scuole elementari, perciò non riusciva a portarne tanta, ne portava mezzo secchio per volta.Ma le fiamme erano sempre più forti e l’acqua non era abbastanza. Nessuno lo aiutò. Anche i soldati stavano scappando. Così anche i vicini, tutti erano scappati. Anche chi non conoscevamo se n’era andato. “Per favore aiutatemi, qua c’è mia madre!” nonostante gridasse aiuto, fu inutile. Mia madre gli disse di andarsene, di andare a Miyajimaguchi dalla zia, dove poteva incontrarmi. “Non posso più uscire da qui, presto, tu scappa più in fretta che puoi!” Mio fratello guardò il viso di nostra madre. “Non posso scappare! No, impossibile! Devo aiutarti!” Il mio fratellino si impegnò con tutto se stesso.

E accadde una cosa misteriosa. Mentre correvo disperata insieme a Kikue verso Miyajimaguchi, mi balenò davanti agli occhi l’immagine di mio fratello che con tutte le sue forze aiutava la mamma. Vidi mio fratello che si impegnava e diceva: “Devo tirare su l'acqua velocemente, devo tirare fuori la mamma il prima possibile.” Quando ascoltai successivamente il racconto di mio fratello, questo coincise con ciò che avevo visto. Era come se li avessi visti nella successione temporale degli eventi. Questo mi ha portato alla consapevolezza che in questo mondo in cui si crede che Dio non esista, in realtà esiste eccome. È davvero così. Io che non avrei dovuto né potuto vedere nulla, vidi la figura di mio fratello.

【Al punto di raccolta, montagne di cadaveri】
Quando arrivammo a Jigozenmura, rabbrividimmo. Regnava un silenzio insolito. Quando entrammo nelle aule, non c’erano altro che montagne di morti. Voci fioche, flebili, chiedevano acqua. “Ragazzina, acqua, acqua per favore.” Eravamo le uniche persone con una minima parvenza di salute Le nostre non erano altro che lievi ferite, così poco al confronto che ci sentivamo a disagio. “Non abbiamo acqua, perdonateci, scusateci!” rispondevamo, avanzando nel corridoio. Nei corridoi della scuola, nelle classi, dappertutto non c’erano altro che morti o moribondi.

Andammo nella classe successiva e in quella dopo ancora, finché non arrivammo alla nostra sezione. Per la prima volta, sentii chiamare il mio nome: “Kiyoko!” Sentire il mio nome fu come tornare a vivere. Non sapevo bene chi fosse, forse la signora del negozio di sake, forse qualcun altro, ma quella persona mi chiese: “Stanno tutti bene a casa?” Io risposi che stavo bene ma finché non fossi andata da mia zia a Chichiyasu dove avrei incontrato la mamma e mio fratello non avrei saputo se gli altri stessero bene. “Non so come stanno.” La signora si rivolse a me dicendo: “Come sono contenta che tu stai bene, come sono contenta!" "Kikue, come sono contenta che stai bene anche tu!” ci disse. Ma Kikue era molto triste e preoccupata, non aveva incontrato nessuno dei suoi fratelli. “Adesso li cerchiamo! Incontreremo sicuramente tuo padre o qualcun altro, non ti preoccupare” Le dissi. Essendo poco più che una bambina, non riusciva a fare altro che piangere.

C’era una stanza molto grande, dove regnava il silenzio. "Staranno dormendo? Come mai tutto questo silenzio?" pensammo, ed entrammo dentro. L’orrore che vedemmo ci terrorizzò: era una montagna di morti, erano morti! Dentro di me urlai, non riuscivo a emettere suono.  “Kikue, sono tutti morti! Usciamo, usciamo, ho paura!” Stare lì in piedi mi terrorizzava.  Pensammo, forse nella stanza accanto è diverso, proviamo a entrare là… Ma era la stessa cosa: con nostro orrore e stupore, un’altra montagna di morti ammucchiati. "Non eravamo in grado neanche di concepire cosa avremmo potuto fare.

【Incontro con il padre di Kikue】
Dietro alla scuola c’era un edificio che assomigliava a un tempio. All’ombra di un albero dal tronco gigantesco, si stagliava la figura di uomo alto, che se ne stava da solo, in piedi. Quando lo guardai meglio mi resi conto che era il padre di Kikue. “Kikue, ma quello non è tuo padre? È tuo padre!” Kikue, con stupore, corse tra le sue braccia. “Kikue, Kikue, come son felice, come sono felice!” le diceva contento.

Gli dissi: “Oggi mi prendo carico io di Kikue, la porterò con me da mia zia dove potremo alloggiare.” “Signore, per favore lei cerchi la mamma e i fratelli di Kikue” “Domattina presto la riporterò qui da lei” Dissi a Kikue: “Da ora in poi vivrai sempre insieme a tuo padre, starete bene!”E così dicendo, ci separammo da suo padre.

【Kiyoko incontra di nuovo la sua famiglia a casa della zia】
Quando arrivammo dalla zia, mia mamma e mio fratello erano già lì. Pezzi di vetro erano conficcati nel collo di mio fratello, tanto che lui non poteva muoverlo. Non poteva sopportare il dolore quando provavamo a toglierli, perciò rimase così. Mia zia era felice che tutti fossimo vivi, la nostra era l’unica famiglia in tutta la città. Mia zia era davvero gentile. “Zia, questa sera la mia amica potrebbe rimanere qui a dormire?” chiesi. In realtà non c’era spazio nemmeno per stendere un futon, potevamo solo stare sedute.

La sera tardi tornò il primogenito della zia. Il suo corpo era completamente ustionato. Era sceso dal tram alla stazione di Hiroshima quando, osservando il cielo, vide balenare qualcosa. “Sarà un B29?” si chiese. Subito dopo, una luce accecante lo inondò e ustionò tutto il suo corpo. La sua carne era completamente fusa insieme. “Mamma, sto tanto male, mamma… mi sento male!”, pianse tutta la notte. Chiesi a Kikue di venire con me a guardare la città. Uscimmo di casa e guardammo Hiroshima bruciare.

“Quando torneremo, non ci sarà neanche il posto per dormire” dissi. La città bruciava, era avviluppata dalle fiamme. "Per tutta la notte, Hiroshima sarà invasa dalle fiamme, ma qui, nonostante sia non sia granchè come posto,  non succederà." Così dicendo, tornammo dentro casa. Ah, se davvero ci fosse stata dell’acqua! L’avrei presa e portata a tutti quanti! Tutti avevano bisogno di acqua. Nonostante me la chiedessero così disperatamente, perché non avevo modo di dargliela? Questo è il rimpianto di tutta la mia vita.

【L’importanza dell’acqua e la pace】
Qualsiasi cosa creiamo, e lo stesso vale per le piante e per gli animali, se non ci fosse l’acqua non potrebbe sopravvivere nulla. Anche se costruissimo un’arma chimica per annientare un paese nemico, la sua creazione non deriva altro che da una singola goccia d’acqua. L’acqua non viene usata per il suo scopo, e perciò credo che l’acqua stessa sia molto arrabbiata e indignata per l’uso che ne facciamo. L'acqua andrebbe consumata natutalmente come bevanda, ma invece viene usata per far esplodere la bomba atomica, per costruire armi chimiche che uccidono migliaia di persone, o per fabbricarne altre che ne uccidono milioni. E poi, che ne sarà dei morti e del veleno, delle radiazioni che ne derivano? Andranno a contaminare e inquinare l’ambiente.

Considero estremamente preziosa anche una sola goccia d’acqua. I ricercatori, coloro che studiano, dovrebbero cominciare le loro riceche partendo dall’importanza di una sola goccia di acqua. Quando la disprezzano fabbricano armi chimiche e altre cose. Vorrei che l’acqua fosse rispettata e anche una sola singola goccia venisse trattata con riguardo. In fondo, l’acqua non è forse la fonte della vita? Io credo di sì.

Traduzione: Alessja Trama
Revisione della Traduzione: Ikuko Sagiyama
Network di Traduzione: NET-GTAS (Network of Translators for the Globalization of the Testimonies of Atomic Bomb Survivors)
 
 
 

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